Centro storico
Il centro storico di Castellammare di Stabia, situato nella provincia di Napoli, è un affascinante intreccio di storia, arte e tradizione, che si sviluppa in una posizione privilegiata tra il mare e le pendici del Monte Faito. Castellammare è famosa per la sua lunga tradizione marittima, con radici che affondano nell’antichità. Il centro storico, pur mantenendo il fascino di un borgo antico, è anche un luogo vivace che conserva nel contempo molte tracce del passato.
Il cuore del centro città di Castellammare di Stabia è il Corso Vittorio Emanuele, una delle arterie principali che attraversa la città, caratterizzata da palazzi storici, caffè tradizionali e negozi tipici. Lungo questa via si snodano molte delle principali attività commerciali e culturali, che contribuiscono a creare un’atmosfera di vivace quotidianità.
Il centro storico è un labirinto di vicoli stretti e tortuosi, che conservano il caratteristico fascino dei borghi marittimi del Sud Italia. Camminando per queste strade si possono scoprire angoli nascosti, cortili interni e palazzi storici che raccontano la storia della città. Le numerose chiese situate in questa zona, le piazzette e le scalinate che conducono verso il Monte Faito, aggiungono un elemento panoramico e pittoresco a questo scenario.
La città conta circa 50 chiese cattoliche, suddivise in 19 parrocchie e ricadenti sotto la giurisdizione dell’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia. Molte di esse sono ubicate nel centro storico della città.

Cattedrale
Il nostro percorso tra le stradine del centro storico inizia con la visita della suntuosa Cattedrale, edificata nel XVI secolo. Il progetto viene affidato all’architetto napoletano Pietro Antonio de Sanctis e la prima pietra venne posta il 22 novembre 1587 dal vescovo mons. Ludovico Majorano. Tutti i lavori avranno termine nel 1893.
La costruzione procede lentamente e con non poche difficoltà ma nel 1661 la forma e la struttura iniziano ad assumere sembianze definite e cospicue.
La pianta originaria era a forma basilicale costituita da tre navate di cui quelle laterali introducono a cinque cappelle su ciascun lato. La crociera apre a due cappelle per lato e presenta due altari agli estremi: la grande cappella di San Catello, completata nel 1883 e costituita da ben 3 navata con cupola su quella centrale ospita la statua di San Catello, consegnata nel 1609 a opera dello scultore Giovanbattista Vigliante, e la cappella di San Michele ospita la statua in marmo dell’Arcangelo.
Di grande rilievo le porte bronzee, opera dello scultore fiorentino Antonio Berti, dono della banca stabiese.
Al suo interno si trovano opere d’arte notevoli, tra cui dipinti e sculture che raccontano la storia religiosa e artistica della città.
Si può ammirare l’artistico Presepe di antichi pastori risalenti al Settecento ritratti in dimensione umana, per la prima volta tutti insieme in un unico allestimento permanente.

Cappella di San Catello

Chiesa del Purgatorio
Costruita tra il 1795 e il 1798 su progetto dell’architetto Antonio Cioffi, la chiesa venne eretta come sede di una confraternita che si occupava di assistere le anime del Purgatorio attraverso preghiere, messe e cerimonie liturgiche. L’ordine religioso che la gestiva promuoveva anche opere di carità, e il culto dell’Anima del Purgatorio divenne un tema centrale nelle tradizioni popolari locali.
La struttura presenta una pianta a croce greca divisa in tre navate e l’interno risulta in stile ionico.
Una peculiarità della chiesa è la sua meravigliosa acustica: il tempio è una sorta di armonium capace di armonizzare e amplificare i suoni al suo interno. La sala riunioni è stata museificata con l’allestimento di interessanti opere tra cui una tela raffigurante l’Immacolata (1836) di Lorenzo Giusti.
È da segnalare la scultura, a mezzo busto, raffigurante Sant’Anna. È forse l’opera di maggior pregio artistico conservata in questo tempio; notevole l’espressività e l’armonia dei volti dell’insieme composto dall’immagine dell’anziana Sant’Anna intenta nell’accudire la Madonna bambina.

Francesco Citarelli, Sant’Anna e la Madonna bambina, 1864
Chiesa del Clero di Gesù e Maria
I lavori iniziarono nel 1614 su progetto del gesuita Pietro Provedi e completati dal frate Agazio Stoia. Con l’espulsione dei Gesuiti dal Regno, il complesso fu affidato alla comunità del Clero dei preti Semplici, che ancora oggi regge la chiesa.
Nella chiesa si osservano sei tondi a fresco del Mozzillo e quattro del Viraldi, sull’altare maggiore un dipinto “La Beata Vergine del Soccorso” di Luca Giordano, forse sua ultima opera.
La scenografia cattolica presenta il grande dipinto del 1899 di Vincenzo Gapolli, raffigurante il “Trionfo del Nome di Gesù”; lo stesso artista è l’autore delle scene dell’abside che riproducono il “Discorso della montagna e la mensa degli angeli”. Si segnalano inoltre le tele di Paolo de Matteis raffiguranti Sant’Ignazio e San francesco Saveri.
Presenta un particolare valore votivo la tela raffigurante San Catello, patrono di Stabia, risalente alla prima metà del Settecento.
È annessa alla chiesa una ricca biblioteca con importanti volumi e documenti.
Chiesa di San Bartolomeo
In principio la chiesa di San Bartolomeo, con annesso monastero, era ubicata nei pressi di Quisisana nella zona dove oggi sorge il santuario di Santa Maria della Sanità.
In seguito a quanto stabilito dal Concilio di Trento, i monasteri femminili non potevano più trovarsi al di fuori della cinta urbana, per cui si rese necessario trasferire il complesso all’interno delle mura cittadine.
Nel 1583 le suore si traferirono nella nuova residenza e nel 1673 si conclusero i lavori. Dal 1924 la chiesa fu concessa alle Suore Adoratrici Perpetue.
La chiesa si presenta a navata unica con cinque altari e cupola. Nel monastero si conservano, tra le più celebri, una statua di San Bartolomeo Apostolo, un Crocifisso lingeo di Pietro Ceraseo e le pitture e le decorazioni settecentesche di Crescenzo la Gamba e Vincenzo Re.
Ancora nelle vicinanze
Oltre le chiese, qui citate e descritte, si pone l’attenzione anche sulla “Parrocchia di Santa Maria della Pace”, contenente la maestosa opera seicentesca Natività della Madonna e le tele raffiguranti L’Estasi di santa Teresa d’Avila e l’Educazione della Madonna Bambina; la “Chiesa di Santa Caterina” eretta dall’arciconfraternita di Santa Maria della Pietà e Santa Caterina d’Alessandria; la “Parrocchia dello Spirito Santo” al cui interno si può ammirare la grande tela di Giovan Battista Rossi che rappresenta la Pentecoste, la statua della Madonna del Rosario, la statua del patrono San Ciro e la tela raffigurante la Madonna assieme ai santi Lorenzo e Antonio; infine si riporta l’attenzione sul santuario “Santa Maria del Portosalvo” con origini marittime, sull’altare privilegiato vi è raffigurata la Madonna di Portosalvo, opera di un ignoto artista, ai di sotto dei suoi piedi la rappresentazione del panorama Stabiese. Quest’immagine è da sempre oggetto di un forte culto. Oggi il santuario è retto dalle Suore Francescane Alcantarine.
I murales
Il centro storico di Castellammare di Stabia è il perfetto connubio tra passato e presente. Passeggiando tra le antiche strade è possibile ammirare un susseguirsi di gioiosi e colorati murales. Hanno partecipato a questo progetto 12 artisti di caratura internazionale.
Il progetto nasce proprio per la volontà di rilanciare e far sviluppare la parte del centro storico spesso degradata, invogliando i turisti a visitarlo.
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- Davide che combatte contro Golia, il significato è l’invito alla ribellione verso lo stato di abbandono delle terme cittadine, antiche e nuove. Una vera e propria denuncia dello stato attuale delle terme stabiesi.
- “Le sirene ed Ulisse” ,Ulisse è legato per non cadere in tentazione attratto dai suoni ammalianti delle Sirene qui raffigurate con il corpo mezzo di donna e mezzo di uccello secondo la tradizione romana. Ulisse rappresenta la curiosità che lo spinse a navigare e a conoscere il mondo. La posizione di questo murales, che si intravede dalla strada principale, vuole essere un invito, una attrazione ad entrare in quel vicolo per poi proseguire nel centro storico alla scoperta di un mondo spesso sconosciuto anche a tanti stabiesi che invece è un patrimonio da tutelare e salvaguardare.
- “Lo scultore” , il giovane scultore sta a rappresentare l’importanza del salvaguardare le opere antiche, ma anche di tramandare le tecniche dei nostri artigiani alle nuove generazioni affinchè non vengano perdute.
- “Flora” era una divinità romana di cui è stata ritrovata un’immagine anche a Villa Arianna, una delle ville patrizie romane che è possibile ammirare a Castellammare di Stabia. Flora rappresenta la Primavera e quindi il rinascere, il rifiorire, simboleggiato anche dal fiorellino stilizzato giallo nella sua mano.
- “La Madonna dei rifugiati”, rappresentata una Madonna nera che ricorda un po’ la Madonna della neve, simbolo di accoglienza e di apertura verso il diverso.
- “Burden”, cioè il peso. Rappresenta un bambino che nuota nelle acque del mare portando con sé un vaso, quello che lo lega al posto e alle persone, che ha deciso di lasciare alla ricerca di una nuova vita.
- “Colori dalla cenere”, sta a ricordare i tempi bui e grigi dell’eruzione del Vesuvio.
- “Ricordo”, raffigura delle donne che si danno sostegno
- “La chitarra”, simboleggia come la musica e la composizione siano un mondo da scoprire e riscoprire, come la stessa Castellammare.
- “Sirena”, di per sé una icona ammaliante ed affascinante, richiama il tema dell’Eros, spesso rappresentato anche nelle ville degli antichi romani della zona. Il colore rosso della coda infatti ricorda anche il famoso rosso pompeiano che si ritrova sui muri delle case degli antichi romani.
- “Acque di Stabia”, l’opera rappresenta una scena tipica degli stabilimenti balneari della zona d’estate, ovvero due persone che si fanno la doccia. È un invito a ricordare la storia e l’importanza che l’acqua ha per l’animo umano.
- “Maradona archeologico” , dedicato a tutti i rivoluzionari del mondo.
- “Post Fata Resurgo”, rappresentazione di una fenice. Post fata resurgo è proprio il motto di Castellammare di Stabia, capace di rialzarsi dopo la tremenda eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
- “E Vulcano Natus” , l’opera è un inno al vulcano che è allo stesso tempo morte e vita. Viene raffigurata la Fenice, simbolo della rinascita dalle proprie ceneri.
- “Nemo tibi Amat” che vuol dire, Nessuno ti ama ed è il titolo dell’opera. Un chiaro invito ad amare se stessi e credere in se stessi.